LA PARETE EST DI SERRA DELLE CIAVOLE.  UN’AVVENTURA DALL’ALBA AL TRAMONTO

L’accesso al massiccio del Pollino dal versante sud-est calabrese riserva sempre grandi emozioni ed esperienze indimenticabili, soprattutto nella stagione invernale. I maestosi scenari innevati delle vette contrastano con il verde dei prati di fondovalle e partire da qui per delle scalate dà davvero la sensazione di trovarsi in luoghi ben più famosi e molto remoti.

La lunghezza degli avvicinamenti e la difficoltà di raggiungere con normali autoveicoli i luoghi di partenza rendono, inoltre, questa parte del parco una delle meno frequentate.

Ma la vera attrazione di tutta la zona è la parete Est di Serra delle Ciavole, un lungo e articolato complesso di pinnacoli, canali, tetti strapiombanti, cenge,  che è necessario studiare bene prima di “attaccare”. Da tempo sognavo di andarci, e con me gli altri cari amici con i quali condivido le mie uscite più avventurose. Finalmente, il giorno dell’Immacolata del 2013, organizziamo. Poiché le cose tanto sognate e agognate, nella mente di chi le vive, devono essere indimenticabili, dopo vari conciliaboli scegliamo di fare l’avvicinamento alla parete in notturna, così da poter iniziare la scalata all’alba e avere condizioni di neve ottimali. Siamo in cinque e ci diamo appuntamento alle 3,00 a Civita. Con me ci sono Massimo Gallo, Franco Formoso e Domenico Bloise, della stazione CNSAS del Pollino, e il vero “padrone di casa” Mimmo Ippolito. Mimmo, infatti, negli scorsi anni ha scoperto e salito, anche in solitaria, diverse vie su questa parete, contribuendo notevolmente a fare crescere l’appetito di tutti noi appassionati di alpinismo. Capiremo la sera che solo grazie alla sua presenza è stato possibile raggiungere di notte il punto di attacco e districarsi tra i guadi e la fitta boscaglia del fondovalle. Grazie Mimmo e a buon rendere!

Lasciamo le auto poco sotto le pendici di Fronte di Mola e iniziamo a camminare alle 4,45, sotto un fantastico cielo stellato. Camminare al buio con la luce delle lampade frontali in mezzo alla natura e nella neve è una esperienza difficilmente descrivibile, dico solo che mi sento catapultato in uno dei romanzi di Jack London, ma con una sostanziale differenza. I personaggi del grande scrittore vivevano la natura per un fine di sopravvivenza, traendo da essa fonte di sostentamento, io e gli altri invece siamo qui per puro piacere, con l’unico scopo di riuscire a “sentire” le emozioni autentiche che certe esperienze trasmettono e che gli atrofizzati stili di vita moderni hanno del tutto dimenticato. Tu sei pazzo! Mi sento dire spesso…Pazzi siete voi cari amici, che passate le domeniche al Centro Commerciale o davanti alla tv per vedere le partite. Se la mia è pazzia voglio essere pazzo per tutta la vita…

Superiamo la Masseria Rovitti, riusciamo a guadare il Raganello, qui in verità piuttosto piccolo, e, al sorgere del sole, siamo sotto la parete. È una emozione da togliere il fiato vedere il sole far capolino dal mare e illuminare piano piano tutte le rocce sopra di noi, con un effetto scenico degno della più bella opera alla Scala. Adesso viene il bello, dobbiamo scegliere da dove salire. Intuitivamente, per l’esposizione e la scarsa quantità di neve, Mimmo ci porta sotto l’ultimo canale alla nostra sinistra, chiamato “Canale orientale alla cima Sud”, da lui salito la prima volta nel 2008. Da giù sembra quello in condizioni migliori. Formiamo due cordate e partiamo, ma l’inizio non è molto promettente. Il primo risalto, che di solito è quasi interamente coperto di neve, è, invece, libero e con poca neve molle che rende le pietre molto scivolose. Con attenzione e perizia superiamo la difficoltà, ma da questo punto in poi non saremo più in contatto visivo con gli altri, che prudentemente hanno atteso che il passaggio fosse libero e sicuro dalle nostre scariche di pietre. Appena più in alto, il canale devia leggermente a destra, e diviene più inciso, risultando in ombra quasi completamente. I nostri dubbi sulla consistenza della neve scompaiono e capiamo che la scelta è stata azzeccata. Man mano che si sale il manto diviene sempre più consistente e si procede con grande divertimento.

Superato un secondo risalto, si entra in un grande anfiteatro. Mimmo mi racconta di averlo trovato completamente ghiacciato durante la sua prima salita e di essere rimasto letteralmente a bocca aperta. Sono stupefatto io di vederlo oggi con poca neve, immagino cosa deve aver provato lui.

Percorrere una via alpinistica in inverno è ogni volta una emozione nuova perché diverse sono le condizioni che vi si trovano. Quantità e qualità del manto nevoso, accumuli variegati formati dal vento, cornici sulle creste, passaggi possibili un anno, ma impossibili l’anno dopo, insomma una sfida nella sfida che rende tutto ancora più bello e sempre stimolante.

Raggiunta la base dell’anfiteatro, due sono le alternative di uscita più logiche sulla cresta sommitale, ma oggi è una giornata con quel qualcosa in più che avverti sin dal primo mattino. Mimmo mi precede un po’ dicendomi “aspetta che vado a vedere di qua”. Aggira leggermente una paretina e, invisibile da dove sono io, trova un ripido e strettissimo canale che sbuca in alto. “Possiamo provare” mi dice. Saliamo ancora di qualche decina di metri e lo sento piantare un chiodo. Le pendenze sono cresciute fino a 60° e l’adrenalina è a mille. Quando lo raggiungo, infatti, vedo di fronte a me il salto di uscita e non resisto, gli chiedo l’onore di salirlo per primo. Quando gli arrivo sotto mi rendo conto che da giù sembrava più banale!!

Comunque, le piccozze tengono una meraviglia e, in spaccata, supero le difficoltà, faccio sicura su una roccia e lo chiamo. Poco dopo siamo di nuovo insieme e, girandoci indietro, finalmente vediamo anche gli altri circa 100 metri più giù. Abbiamo il tempo di rilassarci un attimo, mangiare qualcosa e andare a posizionarci su un torrione che abbiamo di fronte, per osservare dall’alto i nostri amici. A vederlo da qui, il punto dove eravamo poco prima è davvero impressionante e ci gustiamo lo spettacolo dell’altra cordata che supera magistralmente il passaggio chiave.

Dopo un’ulteriore rampa sulla pendice, tocchiamo la cresta e, rapidamente, siamo sulla cima Sud (2127 m), dove arrivano in pochi minuti anche Massimo, Franco e Domenico. Strette di mano, abbracci, una felicità autentica che ci fà apprezzare appieno un mondo che per molti altri non dovrebbe esistere più, ma nel quale si ritrovano le proprie origini e dove si è costretti a cavarsela da soli. Non è forse questa la migliore scuola di vita?

Giusto per completare l’opera decidiamo di scendere seguendo tutto il filo della cresta, così da toccare anche la cima Nord (2130 m) e poter studiare dall’alto altre potenziali vie di salita. Oltre che molto panoramico, il percorso è un susseguirsi di divertenti saliscendi su roccia e begli esemplari di pino loricato, tant’è che varie volte ci fermiamo per scattare foto e goderci appieno tutte le ore di sole rimaste. Siccome le giornate che nascono perfette devono esserlo fino alla fine, appena imboccato il sentiero per Casino Toscano e la Masseria Rovitti, nel bosco vediamo venirci incontro altri escursionisti. Uno lo riconosco subito: è Francesco Bevilacqua! Che piacere… evidentemente siamo attratti dagli stessi luoghi e dalla stessa “fame” di avventura. Ci salutiamo affettuosamente raccontandoci le reciproche esperienze di giornata, con grande sorpresa per l’incontro inaspettato in un luogo così selvaggio e lontano dai grandi centri abitati. Ma in fondo le nostre piazze e le nostre vie dello shopping sono queste…

Il ritorno alle auto è un riavvolgere il nastro interiore delle emozioni, spesso in un silenzio che dice molto più di tante parole. Mentre ci cambiamo si alza la tramontana e tutte le cime vengono coperte da un cappuccio di nuvole, dal quale filtrano e si rincorrono come schegge impazzite i raggi dorati del tramonto. È il modo che ha scelto la montagna per salutarci e farsi desiderare, fino al nostro prossimo incontro. Arriviamo a Civita che già è buio, lo stesso che c’era alla partenza la mattina. Indimenticabile!!

 

DOMENICO RIGA